Le onicotecniche chiedono giustizia: "Riconoscete la nostra professione con un Codice ATECO

(sopra, immagine Pixabay® - pexels)

Mentre lo Stato italiano trova il modo di classificare fiscalmente anche attività controverse come quella delle escort, con un recente provvedimento entrato in vigore lo scorso aprile, una categoria professionale composta in gran parte da donne resta ancora invisibile agli occhi delle istituzioni: quella delle onicotecniche.

A denunciarlo è l’Associazione OPA - Onicotecnici Professionisti Associati, che con un comunicato dai toni forti porta all’attenzione pubblica una situazione paradossale e, secondo loro, discriminatoria: migliaia di professioniste del settore unghie – formate, qualificate e attive in tutto il Paese – non hanno oggi un inquadramento normativo chiaro, né un codice ATECO dedicato. Una mancanza che le penalizza quotidianamente, soprattutto sul piano fiscale, burocratico e operativo. “Non siamo estetiste” – sottolinea il presidente OPA, Nicoletta Fasoli – “Siamo una figura professionale distinta, con competenze tecniche specifiche che non rientrano nel quadro normativo della legge 1/90 sull’estetica, ormai superata e inadeguata a rappresentarci”.

Un quadro normativo frammentato e penalizzante

La conseguenza diretta di questa lacuna legislativa è una giungla normativa che cambia da regione a regione, da provincia a provincia e perfino da comune a comune. Il risultato è una disparità territoriale inaccettabile: una onicotecnica può essere perfettamente in regola a Milano e risultare “abusiva” a Monza, a pochi chilometri di distanza.

Secondo OPA, molte donne si trovano così costrette all’abusivismo “forzato”, non per scelta, ma per l’assenza di un sistema che le riconosca e le tuteli. Una situazione che genera tensione tra lavoratrici e mina la credibilità dell’intero settore.

(sopra, Nicoletta Fasoli, presidente OPA)

Le richieste dell’Associazione OPA

OPA avanza precise richieste alle istituzioni, nella speranza che si ponga finalmente fine a una “discriminazione istituzionale” che dura da troppo tempo. In particolare, chiede:

  • Il riconoscimento ufficiale e autonomo della figura dell’onicotecnico, attraverso un tavolo tecnico dedicato

  • L’istituzione di un codice ATECO specifico, coerente con le competenze e le mansioni della professione

  • Un aggiornamento normativo nazionale, capace di superare l’attuale frammentazione territoriale

  • Pari dignità professionale per tutte le operatrici del settore, indipendentemente dalla regione in cui operano

Non è solo una dimenticanza: è discriminazione. Se lo Stato riesce a riconoscere attività ai margini e controverse, perché non riconoscere un mestiere onesto, professionale e in crescita come il nostro, che restituisce dignità alle donne e favorisce l'emancipazione femminile?” - ribadisce Nicoletta Fasoli. 

Una battaglia di dignità

Il comunicato di OPA è chiaro: questa non è solo una questione di regolamenti, ma una battaglia di dignità per migliaia di donne che ogni giorno lavorano, si aggiornano, investono e innovano nel settore dell’onicotecnica.

L’associazione avverte: “Non accetteremo che la nostra professionalità venga ancora ignorata. Vogliamo rispetto, rappresentanza e giustizia”.



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